IL SIGNORE DEGLI ANELLI

di Lorenzo Parolin[L5/59]

Tolkien, nella sua fiaba, racconta di un anello forgiato dal Signore del Male capace di conferire potenza e vita perpetua al mortale che lo infilava al dito. Questo anello, tuttavia, oltre a rendere invisibile ai circostanti chi lo indossava, lo rendeva anche visibile alle forze del male che potevano così intristirgli l’esistenza e renderlo tetro come il suo Oscuro Signore. Diventava cioè un superuomo al negativo.
Il finale della storia vede la sconfitta del male ad opera di un eroe buono che resiste al fascino dell’anello e che lo distrugge salendo sul monte Fato e gettandolo nella fornace del vulcano da cui era stato tratto.
Fatte le debite proporzioni e mutato ciò che deve essere mutato trovo che questa fiaba abbia delle assonanze con la vicenda evangelica, con la differenza sostanziale che la Fiaba Suprema è divenuta realtà.
Un anello, magico a guardarlo, ma in realtà stregato, è stato ideato anche dal Demonio e fatto intravedere all’uomo, il quale se ne è prontamente rivestito non essendogli sfuggito il suo favoloso luccichio. Sto parlando dell’inclinazione a dominare sugli altri, a contornarsi di ricchezze e a soddisfare i desideri della carne.
Appena apriamo gli occhi alla vita troviamo naturale infilarci questa “armatura” credendola una corazza protettiva; essa invece diventa ben presto un carcere che ci limita la crescita globale. Quella del Principe del Male, perciò, è una generosità vigliacca ; egli ci fa dei regali per legarci a sé, ci rende potenti e gaudenti, ma in contemporanea inietta in noi la morte spirituale che ci fa diventare uguali a lui. Egli infatti ha messo nelle cose un suo agente guastatore, e mentre le usiamo lui penetra in noi e ci deteriora.
Il male allora non si sconfigge facendo ricorso al potere , come tentano di fare tutti, ciò equivarrebbe ad infilarsi l’anello e a subirne la malìa.
“Sarò il Sindaco di tutti, un Presidente al servizio di tutti i cittadini”, dice candidamente il neoeletto, ma non sa che, essendosi lasciato avvincere dal potere, subirà un logorio tale da non poter più mantenere le promesse fatte! Il male lo si può battere solo astenendosi dall’usare i gingilli del Demonio, cioè resistendo alle sue tentazioni. Ecco allora Gesù rifuggire la ricchezza e vivere nella povertà, disdegnare i piaceri e praticare il digiuno e, uomo potente più di ogni altro, non usare mai per sé la sua potenza, ma servirla alle folle sotto forma di miracoli.
E poiché all’uomo non è permesso separarsi fisicamente dall’armatura del male e gettarla nella bocca del vulcano, Cristo è salito sul monte Calvario e lì ha sacrificato sé stesso per distruggere l’inclinazione al male contenuta nel corpo. Per vincere il portato, ha lasciato annientare il portatore. L’eroe che ha rinunciato ad usare il potere è caduto sotto i colpi del male al potere, ma così, per la prima volta, il Demonio è stato sconfitto sonoramente, perché, non si sa come, ma dalla tomba è uscito un corpo trasfigurato e luminoso: morendo, Cristo ha distrutto la morte.
La “fiaba” cristiana allora non è una sottocreazione come tutte le altre, ma il compimento della Creazione, e chi la rifiuta, perché gli sembra una fiaba, si autocondanna alla tristezza e alle tenebre.
Il potere è un anello malefico, chi lo usa rimane deteriorato.

 

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